Bilancio provvisorio di fine anno
sulla fede: che possa esserci un impatto emotivo nell’essere qui in Terra santa e che questo possa avere un valore anche livello di fede non è sentimentalismo, ma senso della storia, considerare la storicità dell’ evento della salvezza è essenziale alla fede. E ci sono molti modi di percepirlo, anche alle persone superficiali, “sentimentali”, è dato di percepirlo e forse da qui può nascere qualcosa di più profondo, diremmo di salutare, salvifico, che può dare solo la certezza che quello che crediamo è “veramente “accaduto.

Nazareth – Basilica dell’Annunciazione

Certamente nell’Eucarestia abbiamo tutto e non c’è motivo di sentirsi meno fortunati degli apostoli o dei discepoli che incontrarono Gesù sulle strade della Palestina, ma così come la nostra fede è apostolica, così pure la nostra fede continua a nutrirsi della certezza di un avvenimento storico databile e circoscrivibile, quello che i primi discepoli hanno visto e toccato con mano: “questa è la verità” (E. Stein) è una affermazione rivoluzionaria come dire “Dio è qui” (eucaristia) anche se sappiamo che è in ogni luogo. Non è questo emozionante? E se qui Dio ha messo radici, su questa terra, essa non sarà distrutta, passa, tutto passa, ma non verrà cancellata. È un versetto del salmo dell’ufficio di oggi festa della Santa Famiglia, “Dio sta in essa non potrà vacillare” Sl 45. Così è stato emozionante vedere accanto alla grotta di Nazareth il presepio allestito nei giorni di Natale, come pure una messa celebrata in quella basilica sorta sul luogo identificato tradizionalmente come luogo della annunciazione. Non si può più pensare al presepio come ad una pia devozione o alla messa come ad un semplice rito, forme senza sostanza. lì dove il riferimento alla storia all’ evento è costitutivo del mistero, anche se detto così sembra violare le leggi della logica e della metafisica, lì dove questo si intuisce le cose la realtà la storia ricevono una luce nuova, un presepio è una cosa seria, nella umiltà di segno, e la messa un misterioso evento .

Chi è la mia famiglia? Dove è la mia famiglia? era il vangelo di qualche giorno fa, il primo vangelo in arabo che ho capito, il vocabolario era un po’ quello delle prime parole che si imparano: padre madre, fratello, sorella e delle prime preghiere padre nostro sia fatta la tua volontà. La questione è dunque chi è la mia famiglia, ora che viene Natale, e il Natale si festeggia in famiglia, verrebbe da dire, cioè dove? Trovarsi in famiglia non è solo o tanto questione di vissuto in comune, anche se certo farebbe piacere avere tutti intorno quelli che si sono incontrati e con i quali c’è una storia in comune. “Non è questione di carne o sangue”… e non è solo una citazione del vangelo. Per Natale vorrei essere qui, dove sono, in questo convento in questa parrocchia . È qui che il Signore ha messo su famiglia per me, è qui che mi chiede, anche nell’ ombra di edificare famiglia. Basta anche un gesto gentile. Come la mia “samaritana al pozzo” una donna nigeriana che frequenta la nostra parrocchia per la messa in inglese, che alla fontanella del corridoio chiedeva di aiutarla a attingere un po’ d’acqua non riuscendoci per via del cattivo funzionamento dell’erogatore . Poi chiedendo aiuto pure io ci siamo riusciti con un sorriso di soddisfazione per entrambi . Non è questo dire e fare sentire che sei a casa che questa è casa tua e hai la responsabilità di farla sentire casa di tutti? Di tutti, per tutti. è la grazia il destino e il segno di contraddizione di questa terra lo ripete con gioia il salmista “Tutti là sono nati” (Sl 86), oggi festa della Santa Famiglia. Sì, segno di contraddizione come profetizza Simeone a Maria. La storia ne è testimone. Questa terra che tutti rivendicano come propria è realmente di tutti e tutti hanno realmente il diritto di dire “mia”, ma con uno spirito nuovo, nel segno di una riconciliazione operata nel sangue di Cristo …Calice della nuova alleanza …. ma come dirlo?

Questa dimensione universale che non è ibrida, qualunquista, è il marchio di autenticità di questo mistero della incarnazione passione e morte. Percepito come il battito fetale di un cuore nuovo a Nazaret davanti a quella casa o grotta, e come messo sulle labbra nella preghiera davanti al crocifisso sul Golgota, nella chiesa del santo sepolcro a Gerusalemme. Quella preghiera abbraccia tutto e tutti non c’è portarsi la lista delle intenzioni per non dimenticare qualcuno.

“Per tutti” è stato il mio augurio di natale questo anno espresso anche con la poesia di Natale inviata come augurio e con l’omelia di natale per la messa con la comunità di filippini di Haifa. Un tutti che stringe tutti sotto il segno della speranza. Sperare per tutti è la frase celebre e scandalosa di von Balthasar, è il credo di Teresa di Gesù Bambino, che mi accompagna e mi suggerisce anche quello che devo dire nelle omelie.

Ecco la poesia: “Natale: si dovrebbe essere tutti contenti. E lo siamo. Ma tutti? E come? Domando. /Mi risponde chi sta nel dolore: la gioia cristiana è un altra cosa, è nella speranza! È nato umile colui che ritorna nella gloria!”

Ed ecco l’omelia:

Natale è sinonimo di gioia, gioia perché è nato il salvatore SIGNORE. quante volte ripetiamo a noi stessi queste parole di fede.
Parole vere ma che sembrano tante volte contraddette dalla vita, dalla storia umana.
il vangelo lo sa bene e ci racconta questa nascita con le parole dell’evangelista Giovanni che hanno un quadro molto chiaro della storia segnata dal rifiuto: il suo popolo, quelli della sua terra, non lo hanno accolto.
allora cosa resta del Natale se restano i sofferenti, se restano i malvagi. Cosa ha risolto questa nascita?
Me lo chiedevo ancora ieri mentre provavo ad inviare un messaggio di AUGURI DI NATALE ad una signora che ha appena perso il marito da pochi giorni. Ma tutti ci poniamo la stessa domanda quando pensiamo che a 150 chilometri da noi c’è la guerra e non c’è solo quella.
Allora che gioia, che Natale? Perché, nonostante questo, abbiamo il coraggio, e ci vuole molto coraggio, di annunciare una gioia grande, come gli angeli ai pastori?
Credo che possiamo farlo se stiamo dalla parte di chi soffre, sono loro che ci ricordano che la gioia è nella speranza.
Il bambino nasce povero in una mangiatoia e depone dentro di noi il seme di una vita che non muore. Ma lo vedremo, in tutta la sua bellezza, nel giorno del suo ritorno nella gloria.
E’ quel giorno che stiamo aspettando, e adesso lo diciamo a tutti coloro che sono nel dolore che: la gioia è nel Signore che viene, che la gioia è nella speranza. solo così può essere per tutti, anche per chi adesso soffre; e per loro è più importante pregare oggi.
Sì, così Natale è per tutti, perché Gesù è venuto per tutti. prendendo la nostra natura umana, la nostra carne, è venuto a portare la salvezza per tutti. questa è la gioia del Natale: che nessuno è escluso, che è per tutti, che tutti ne hanno diritto. Niente estranei, stranieri, niente outsider oggi. che bello pensare, che bello poter pensare ad una festa dove tutti sono invitati.
Ecco questo banchetto, questa Eucaristia, è il mistero della nostra fede e è anche il mistero della nostra speranza, qualcosa che sta accadendo ma che deve rivelarsi pienamente nella gloria.
Chiediamo allora al Signore di nutrire con questo pane la nostra speranza in questo tempo difficile, e chiediamogli di insegnarci a condividere la gioia, soprattutto stando vicino a chi è nel dolore. Perché sono loro i maestri che possono insegnarci il vero significato della gioia cristiana.