La Madre di Dio nella Divina Commedia contemplata da Dante nella “rosa dei beati” (XXXI) sarà oggetto di esposizione e riflessione da parte della prof.ssa Amalia Masset, sabato 27 gennaio in Santuario alle 19:00.

La lettura del Paradiso dantesco non è facile, a parte la distanza linguistica dall’italiano di oggi, in quanto la sua semantica è alta, come in alto si trova il Paradiso, per cui l’autore sembra voler selezionare il suo pubblico: sembra volere accanto a sé pochi lettori, fedeli e dotti. Basti un esempio. Quando Dante guarda il cielo e ne descrive le meraviglie, l’atmosfera si fa rarefatta, le parole sembrano non bastare e i termini si fanno ostici all’intendimento, come se a noi comuni mortali la visione paradisiaca non fosse afferrabile nemmeno con la comprensione. C’è un modo elementare per non farsi escludere dal senso narrativo del poeta: bisogna immaginare!

Lasciarsi portare dal senso melodico della prosodia, per cui la musicalità delle parole ci conduce nel racconto anche se non comprendiamo tutto. Come ascoltare un canto in lingua straniera che ci coinvolge anche se non comprendiamo le parole.

Il Paradiso dantesco è tutto un movimento circolare, è un danzare, è un gioco di luci, è una sinfonia di voci, è un silenzio contemplante Dio.

Nella Divina Commedia di Maria si parla fina da subito: nel II Canto dell’Inferno Beatrice racconta a Virgilio di come la Madonna abbia avuto pietà di Dante smarrito nella “selva oscura” e l’ha inviata per guidarlo:

«I’ son Beatrice che ti faccio andare;

vegno del loco ove tornar disio;

amor mi mosse, che mi fa parlare ».

(Inferno II, 70-72)

Nella vita del poeta, il rapporto con Maria sarà determinante, perché lo aiuterà ad affrontare periodi difficili della sua vita, lei dona il suo aiuto attraverso i santi, santa Lucia fa da intermediare fra la Madonna e Beatrice. Nella vita dei beati i rapporti si fanno stretti al fine di aiutare l’umanità a raggiungere il Paradiso.

La bontà di Dio “che tutto move” fa sì intervenga la Maria, la Madre di Dio, indirettamente, quasi come figura nascosta che agisce dietro le quinte a sostegno di Dante, uomo smarrito in una “selva oscura”, cioè perso nelle difficoltà e nei peccati, dove egli  gradualmente sale verso la luce divina che rischiarerà le tenebre dello smarrimento. Come Dante, ogni uomo è alla ricerca della luce per dare un senso alla sua vita: “Nel ciel che più della sua luce prende fu’ io, e vidi cose che ridire né sa né può chi di là sù discende”.

Nel III° canto del Paradiso, lì troviamo un altro riferimento a Maria: Dante, su invito di Beatrice, chiede a colei che sembra più desiderosa di parlare quali siano il suo nome e la sua condizione. Si tratta di Piccarda Donati, trasfigurata nella bellezza in quanto beata. Dante le domanda quindi se le anime che sono con lei non desiderino poter godere maggiormente della visione di Dio, ma Piccarda risponde che tutte sono completamente appagate dalla propria sorte. Questa infatti deriva dalla volontà di Dio, alla quale ogni beato desidera conformarsi. Il poeta le chiede allora quale voto non abbia osservato in vita e Piccarda narra la sua vicenda. Entrata in convento presso l’ordine delle Clarisse, fu rapita da uomini scellerati e costretta alla vita matrimoniale.

Indica poi al poeta l’imperatrice Costanza, moglie di Enrico VI, la quale, come lei, provò il dispiacere dell’allontanamento forzato dalla condizione monacale.

Dopo il racconto della sua vita Piccarda scompare cantando l’Ave Maria:

Così parlommi, e poi cominciò ’Ave,Maria’ cantando, e cantando vaniocome per acqua cupa cosa grave.La vista mia, che tanto lei seguioquanto possibil fu, poi che la perse,volsesi al segno di maggior disio,e a Beatrice tutta si converse;ma quella folgorò nel mïo sguardosì che da prima il viso non sofferse;e ciò mi fece a dimandar più tardo” (Paradiso III, 121-130)

Il congedo realizzato con il saluto dell’angelo Gabriele: “Ti saluto, piena di grazia, il Signore è con te” unitamente al saluto di Elisabetta: “Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo” fra i credenti risulta essere significativo e augurale perché riguarda glia avvenimenti principali della vita di Maria Santissima, il saluto quando ci si incontra e quando ci si congeda, un saluto che anche noi rivolgiamo alla Madre di Dio ogni volta che recitiamo l’Ave Maria per cui in quel momento rendiamo Lei presente nel nostro animo e nel luogo in cui siamo presenti.

Il centro dell’episodio che vede l’incontro di Dante con Piccarda Donati si trova nella domanda che Dante le fa chiedendole se lei e gli altri spiriti beati essendo relegati nel cielo della luna, quindi negli strati più bassi del Paradiso, desiderassero andare più in alto per godere maggiormente della visione di Dio. Piccarda non soltanto si dice paga con glia ltri della propria sorte, ma di qui con un discorso che non lesina la terminologia della filosofia scolastica e con intimo ardore (“ e fa della sua volontà la nostra pace”) palesa chiaramente che per lei e tutti i beati è paradiso già abbandonarsi alla volontà divina.

Questa fragile creatura pare a Dante come quella che meglio di tutti da il senso del Paradiso per la stessa sua debolezza di monaca che non aveva potuto condurre a termine i propri voti, per il suo abbandono fiducioso in Dio, per l’accettazione della sorte che le è stata data in terra e in cielo.

Non conviene perciò isolare questo episodio da ciò che vi è di umano e terreno dalla sua interpretazione teologica e spirituale né si deve romanticamente vagheggiare il personaggio di Piccarda, qui infatti ci viene mostrata la creatura realizzata in pieno nel suo essere perché si è uniformata al volere divino.

Sul finire del Canto III per poi inoltrarsi al IV, Maria viene presentata come Regina degli angeli infatti nel suo cammino verso l’alto Empireo per quanto i serafini e gli altri angeli hanno il privilegio dell’immediata luce divina anche chi risiede nel primo cielo del Paradiso e felice e beato, e la presenza di Maria lo mostra, in quanto con le parole rivelte a lei ci si saluta, dalla benevolenza di lei si è raggiunti, per questo tutto nel Paradiso è bello, anche sei ci si trova nel primo giro.

Ma tutti fanno bello il primo giro,

e differentemente han dolce vita

per sentir più e men l’etterno spiro.” (Paradiso IV, 34-36)

Infatti un posto privilegiato nella gerarchia paradisiaca lo occupa Maria, in quanto Madre di Dio, possiede una dignità tale da farla superiore a tutti gli angeli e santi, la Madre di Dio è descritta nella sede dei beati:

” D’i Serafin colui che più s’india,

Moïsè, Samuel, e quel Giovanni

che prender vuoli, io dico, non Maria,

non hanno in altro cielo i loro scanni

che questi spirti che mo t’appariro,

né hanno a l’esser lor più o meno anni” (Paradiso IV, 28-33)

Maria è regina degli angeli per il grande contributo che ha dato nell’ Incarnazione del Signore e la salvezza del genere umano, perché gli angeli stessi si sono posti al servizio di Dio per la salvezza del mondo ma non ha potuto dare la carne a Gesù Verbo di Dio, né gli hanno dato le cure e le attenzioni di una madre.